Proseguendo con le iniziative de Il mese delle donne, venerdì 15 marzo è stata la volta dell’approfondimento del tema della violenza sulle donne. Il presidente Roberto Canavesio ha presentato la serata, ricordando che la violenza sulle donne rappresenta un importante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani. Perché, come indicato dal Ministero della salute, la violenza ha effetti negativi a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima. Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé e dei propri figli. A loro volta, i bambini che assistono alla violenza, all’interno dei nuclei familiari, possono soffrire di disturbi emotivi e del comportamento. Insomma, gli effetti della violenza di genere si ripercuotono sul benessere dell’intera comunità. Spesso la violenza si protrae nel tempo e talvolta sfocia nel femminicidio. Le statistiche ci dicono che in Italia nel 2023 sono state uccise 120 donne, di cui la metà è morta per mano del partner. E nei primi 2 mesi del 2024 è stata registrata l’uccisione di 18 donne, delitti avvenuti in ambito familiare per mano di un uomo.
La dott.ssa Sonia Rossato, psicologa clinica, ha trattato il tema del legame maltrattante/maltrattata e le sue conseguenze sulle scelte di vita della donna. Cinque sono i passaggi fondamentali del rapporto che si crea. La seduzione, generalmente molto intensa e tesa a far sentire la donna al centro della propria vita. La velocità, poiché tutto il percorso della seduzione avviene in tempi molto rapidi e porta a decisioni affrettate (andare a vivere insieme, sposarsi, fare un figlio). Il controllo dell’uomo sulla donna, dettando regole che la chiudono in una rete sempre più fitta. L’inizio di presa di coscienza della donna, quando le violenze psicologiche (denigrazione, derisione, offese) e/o quelle fisiche iniziano a condizionare pesantemente la sua vita e spesso anche quella dei suoi figli. Quindi la resistenza ai soprusi. Infine la decisione dell’abbandono, sempre molto difficile e complicata da tutta una serie di impedimenti (personali, sociali, economici).
Della depressione femminile in contesto di vita patriarcale ha parlato la dott.ssa Giorgia Reiser, psicologa e presidente dell’associazione “Rete donna”. Il concetto di patriarcato, in cui siamo tutti immersi per cultura ed educazione, consiste nella semplice formula “potere=violenza”. Un’indagine ha rilevato che il 61 % della popolazione ha pregiudizi nei confronti delle donne e il 45% giustifica comportamenti violenti, dimostrando che il rapporto uomo/donna non è affatto paritario. Le donne faticano a riconoscere come violenti atteggiamenti che l’uomo amato giustifica con l’amore e la gelosia e si ritrovano a soffrire di depressione, con gravi conseguenze anche fisiche (le donne depresse per maltrattamenti si recano dal medico 4/5 volte più delle altre).
Si rompe il silenzio con un primo gesto: l’ascolto presso il Centro Antiviolenza. Di questo ha parlato la dott.ssa Roberta Ravizza, educatrice, formatrice e counselor presso il Centro Antiviolenza Metromontano. Il Centro, che ha sportelli a Giaveno, Avigliana, Bussoleno e Oulx, nel 2023 ha seguito 40 donne. I servizi offerti sono: 1) accoglienza, consulenza legale, psicologica ed economica, servizi sociali, 2) servizio di ascolto con i giovani, attraverso sportelli presso le scuole medie superiori, 3) problemi di cittadinanza, ascolto delle famiglie e legami con le istituzioni territoriali. Ascoltare e intervenire, segnalando casi di sospetta violenza, sono gesti che possono aiutare a evitare il peggio.
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